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EPISTOLARUM QUAE SUPERSUNT



pensassono. Forse che tu dirai, queste essere femminili ragioni e non convenirsi ad uomo studiante. Confesso essere delle femmine le dilicatezze, e cosí essere degli animali bruti bruttamente vivere. In tutte le cose si vuole avere modo: io veggo gli uomini nobili osservare quelle cose che io domando, ed intra’ grandissimi e singulari il mio Silvano, l’orme del quale quanto posso discretamente seguo; se tu danni lui, poco mi curerò se tu me danni. Queste cose a me spesse volte promesse però che solamente una volta non m’erano date, ed io quelli allettamenti sofferire non potessi, sono constretto di tornare alla liberalitá del nobile giovane cittadino nostro Mainardo de’ Cavalcanti, consapevole: e spessissimamente di ciò pregando, lasciata la sentina, da lui con lieto viso sono a tavola ed albergo ricevuto; e non dubito che per la Dio grazia e per la sua operazione o viverò o sarò sano. Ancora il fratel mio, benché non molto in costumi vaglia, non potendo sofferire quelli fastidi, all’albergo se n’andò, appresso il quale esso si difese. Cosi dal peso mio il tuo Mecenate alleggerai, ed esso tuo magnifico Mecenate, quasi da’ magnifichi fatti impacciato, infignendo di non vedere, tacito sel sostenne, e tu molto maggiormente. Ma non piú liete cose ci restano. Sai che, mentre che quasi seperato con l’ottimo giovane un pochetto mi ristorassi, con quante letteruzze e con quante ambasciate io fussi dal tuo Mecenate chiamato, acciò che insieme con tutti i libri miei quasi da parte alquanti dí a lieto riposo vacassimo; e poi che per mia disavventura fui venuto, sai quante sconvenevoli cose io soffersi. Tu ti puoi ricordare, non meno realmente quivi che nella sentina io fussi ricevuto. Una fetida cameruzza mi fu conceduta, quasi cosí fatte cose a me in pruova, come se meritate l’avessi, si cercassono. Di quindi un letticciuolo di lunghezza e di larghezza appena sufficiente ad un cane mi fu apparecchiato. Oh! con che schifi e quasi lagrimosi occhi lo riguardava! Io non negherò che, se io non avessi avuti i libri, di certo immantanente mi sarei tornato a Napoli; stetti adunque, legato con quella catena. E perché forse il tuo Grande non molto credeva a coloro che gli ridicevano quanto vituperevolmente io fussi in luogo cosí publico trattato, esso medesimo volle vedere: ed attorniato da una brigata di gentili uomini entrò nella puzzolente camera, ogni ambito della quale con uno agevole volgere d’occhio poteva ciascuno vedere: niuno ripostiglio era in quella, ogni cosa era in aperto. Vide adunque tra l’altre cose il letticciuolo, e, quello che dell’animo cacciare non mi posso,