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Turris Babel Lib. II.

Cap. XI.Sect. III.chiama Suleiman, creduto scioccamente Santo da Machomettani, e par la santità detto mondo, che in una Meschita in campagna presso à quel luogo è sepolto. La prima cosa che facemmo, subito scesi in terra, fù di andare a drittura (senza curarci di vedere sopra ’l fiume un castelletto moderno, dishabitato, et abbandonato, come io credo, per le correrie degli Arabi) à veder le rouine di una gran fabrica, circa un miglio dentro terra, che gli Ebrei di hoggi idioti dicono, che sia il tempio, nel quale Nabuchodonosor faceva adorar la sua statua d’oro tanto nominata nelle sacre scritture, e quanto al luogo potrebbe essere, poiche quella statua dice ii sacro testo, che fù eretta in un campo, non della città, mà della provincia di Babilonia, che fin colà poteva ben stendersi, mà tuttavia à me parebbe strano, che infin hoggi fosse restato in piedi tanto una cosa tanto anticha, massimamente non essendo fabrica di pietra. Però i Mahomettani, ai quali, come à più dotti, io più credo, la chiamano Aiuàn Kefra, cioè Atrio de’ Cesari, fabricato secondo loro in Tesifonte da i Re di Persia dell’ultima schiatta, che essi ancora ad imitatione de’ nostri Imperatori si conta, che facevano Cesari chiamarsi. E mi dicono esser fabrica famosa, tanto nelle historie, quanto nelle Geografie Persiane, le quali un giorno io ancora procurarò di havere, e d’intendere. Da che si raccoglie manifestamente, che quivi era la citta di Tesifonte, nelle guerre de’ nostri Imperatori co’ i Persiani, o co’ i Parthi, spesso nominata. Et io vi aggiungo di più, che per consequenza, vi era anche Seleucia, perche Strabone dice chiaramente, che Tesifonte non era altro, che un borgo di Seleucia, fabricato da i Re Parthi, à fine di non dare incommodo à quella città con la numerosa lor Corte, e con gli eserciti Scithici, che si conducevano appresso, quando venivano à passarvi l’inverno, per esser quel paese caldo, come la state la passavano ò in Hircania, ò in Ecbatana, mà che per questa spessa residenza della corte loro, Tesifonte ancora era cresciuta poi in gran città. Il che se è vero, dunque Seleucia e Tesifonte erano amendue in un medesimo luogo, il quale perciò molto bene dagli Arabi era chiamato Medain, cioè le due città, quasi di amendue facendo una cosa sola, e così a punto anche Agathia, parlando di quel gran Cosroe, che ammalato di desperatione per una rotta ricevuta ivi presso, vi fù portato à braccia moribondo, pare che amendue Seleucia, e Tesifonte in una sola cosa confonda. Hæc latine sic vertuntur:
  „Cum his sagittariis itaque navigio vecti, plusquam horâ unâ ante meridiem pervenimus ad locum destinatum, qui dicitur Suleiman, à Muhammedanis stolidè creditus sanctus, propterque sanctitatem appellatus mundus, qui in fano quodam eorum campestri, propè hunc locum sepultus est. Simul ac verò in terram descendimus, ante omnia rectà ivimus (negligentes parvum castellum recentioris fabrica situm ad flumen, ab habitatoribus desertum, ut credo, propter latrocinia Arabum) visum rudera magnæ fabricæ sita ad distantiam unius circiter milliaris à flumine, quod Judæi hodierni idiotæ dicunt fuisse olim templum, in quo Nabuchodonosor jussit adorari statuam suam auream tam famosam in sacris literis: et quod ad locum attinet, id verum esse potest, quia sacer textus dicit hanc statuam fuisse erectam in campo, non civitatis, sed provinciæ Babylonicæ, quæ potuit eò usque porrigi: mihi tamen mirum videtur, usque in hodiernum diem tantum reliquum esse rei tam antiquæ, maximè cùm non sit fabricata ex petra. Quamobrem potiùs credo Muhammedanis, ceu doctioribus, qui ædificium illud vocant Aiuan Kefra, id est Atrium Cæsarum, dicuntque extructum in loco antiquæ Csesiphontis à Regibus Persiæ postrema progeniei, qui semet quoque Cæsares vocabant ad imitationem nostrorum Im-

pera-
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